Che l’abbinamento fra sigaro e distillato sia un po’ azzardato da fare quando si cerca l’esclusività del prodotto è risaputo, sia che si tratti del sigaro sia che si tratti del distillato.
Infatti nella breve descrizione dell’abbinamento effettuato si capisce immediatamente che si tratta di una operazione sbagliata. Il Partagás e lo Chartreuse sembrano sgomitare fra loro per farsi largo durante l’esperienza, ma si sa la pazienza è la virtù dei forti e con il trascorrere del tempo che si rivela sempre un galantuomo ci si rincomincia ad emozionare.
Il sigaro fumato è un Partagás 898 dell’aprile 2018, un ragazzino carico della personalità che contraddistingue il brand di Calle de la Industria. La vitola de galera è Dalias 43×170, un formato estremamente bello ed elegante che ormai lascia spazio sempre più a sigari “ciccioni” corti e tozzi; la vitola de salida è 898 ed è legata alla disposizione dei 25 sigari all’interno della scatola in legno verniciato con gli spigoli arrotondati. Infatti sono 8 nella fila superiore, 9 nella fila intermedia e 8 nella fila inferiore. Dei Partagás non è il più forte ma comunque è ben allineato al marchio.
Il riempimento è omogeneo, aromi di terra e legno si distinguono chiaramente nel primo tercio con note di erba fresca nei primi puff. Il gusto è leggermente amaro. Nel secondo tercio il gusto diventa sapido e a tratti dolciastro con note di mandorle tostate e via via che ci si avvicina al terzo tercio l’amaro va scomparendo. La terra lascia il passo alle note legnose che prendono posizione dominante. La forza cresce così come l’intensità e la persistenza.
Nel terzo tercio si presentano con maggiore insistenza le spezie e la frutta secca apprezzata nel secondo tercio va scomparendo. Gli ultimi centimetri sono poderosi intensi e persistenti.
La “cattiveria” di questo sigaro, che contrasta l’eleganza del suo nome e delle sue dimensioni, non deve trarre in inganno. Infatti la fumata è equilibrata dall’inizio alla fine è la sua forza è compensata da una armoniosa intensità e complessità aromatica. Meccanica esemplare che ha consentito di gustare l’898 senza alcuna correzione ed ulteriore riaccensione.

Lo Chartreuse o meglio gli Chartreuse che hanno accompagnato la fumata sono stati tre:
- l’Elisir vegetale della Grande-Chartreuse: elaborato secondo la ricetta del 1605, la sua fabbricazione richiede l’impiego di 130 erbe ed ha il grado alcolico di 71°.
- la Chartreuse Verde: il suo colore unico è dovuto alle 130 erbe che la compongono ed il suo grado alcolico è di 55°.
- la Chartreuse VEP (invecchiata 12 anni): 130 erbe e fiori sono impiegate nella sua produzione. Ne esistono due versioni: la Verde (54°) la Gialla. Si tratta della stessa ricetta ma l’invecchiamento prolungato dona al liquore un sapore caratteristico (qui ho bevuto quello verde).
Tralasciando gli aspetti storici legati a questi distillati di erbe, l’esperienza è partita nel peggiore dei modi poiché la forza elevata e la sua dolcezza sono andati quasi ad annientare il sigaro. Con l’adozione di un piccolo accorgimento fortunatamente l’abbinamento ha trovato il giusto equilibrio esaltando i prodotti cancellando i pregiudizi scaturiti nell’incipit. Alternando con una cadenza regolare un sorso di Chartreuse ad un sorso di acqua frizzante (effervescente naturale) ad un puff l’esperienza diventa esaltante sia per la costante evoluzione del sigaro, sia per la continua evoluzione del distillato il cui gusto varia con il variare della sua temperatura.
I due prodotti si legano in bocca ed ognuno si prende il suo spazio con grazia senza invadenza e brutalità. Un abbinamento azzeccato se fatto con criterio seguendo piccoli accorgimenti che ti consentiranno di trascorre circa due ore di piacere.
L’abbinamento è stato fatto presso la Masseria Ancella a Montalbano di Fasano (BR)
